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Gambling Insights #9 – L’Italia dice NO alla torta del Betting mentre la Premier si abbuffa (ma prepara il dietrofront)

Gambling Insights è la newsletter di Bottadiculo.it dedicata a chi opera nel settore del betting e del gambling

Il rapporto tra calcio e betting ha raggiunto dimensioni impressionanti. Non si tratta più di semplici accordi commerciali, ma di un vero e proprio ecosistema economico che sta ridefinendo il business model di centinaia di club europei.

I numeri parlano chiaro — e sono imponenti. Un’indagine transnazionale appena pubblicata dal consorzio Investigate Europe ha rivelato come ben 296 club su 442 nelle massime divisioni di Unione Europea e Regno Unito abbiano stretto almeno un accordo con operatori del settore scommesse. Ma c’è di più: 145 squadre — praticamente un terzo del totale — portano addirittura il logo di un bookmaker sul fronte maglia, la posizione più ambita e visibile nel marketing sportivo.

È un fenomeno che ha raggiunto dimensioni senza precedenti. Stiamo assistendo a una trasformazione strutturale del modello di finanziamento del calcio europeo, con il betting che ormai rappresenta una delle principali fonti di introiti per molti club di media e piccola dimensione. La Premier League inglese, non sorprendentemente, guida questa rivoluzione. Secondo dati GlobalData ripresi da The Guardian, nella sola stagione 2024-25 i marchi del betting hanno investito l’astronomica cifra di 135,4 milioni di dollari (circa 124 milioni di euro) esclusivamente per posizionare i propri loghi sui front-of-shirt delle squadre britanniche.

Ma il fenomeno assume proporzioni ancora più estreme nei Paesi Bassi, dove si è creata una dipendenza pressoché totale: nell’Eredivisie olandese tutti i club, nessuno escluso, vantano almeno un partner commerciale legato al mondo delle scommesse. Una saturazione che non ha eguali in Europa e che solleva interrogativi sul futuro dell’indipendenza economica di questi club.

La mappa europea dei divieti: Chi dice NO al Betting (e perché)

Il panorama regolatorio europeo sta attraversando una fase di profonda trasformazione, con approcci divergenti che riflettono diverse sensibilità politiche e culturali verso il gambling.

Regno Unito: la patria delle scommesse cambia rotta

Il Regno Unito — terra d’origine dei bookmaker moderni e mercato tra i più liberali al mondo — ha sorpreso molti osservatori con la sua recente inversione di tendenza. I 20 club di Premier League hanno infatti votato l’auto-esclusione dei brand di scommesse dal fronte maglia a partire dalla stagione 2026-27.

È una decisione storica. Dimostra come anche nel mercato più aperto al betting si stia affermando una nuova consapevolezza sui rischi legati all’eccessiva esposizione dei tifosi, specialmente i più giovani, ai messaggi promozionali del gambling. Va precisato, tuttavia, che il divieto britannico presenta significative limitazioni: riguarderà esclusivamente il fronte delle divise, lasciando liberi maniche, LED a bordocampo e cartelloni pubblicitari. Una soluzione di compromesso che cerca di bilanciare interessi commerciali e preoccupazioni sociali.

Il provvedimento si inserisce nel contesto più ampio delle riforme annunciate dal Libro Bianco del governo britannico sulla “gambling reform for the digital age”, un’iniziativa che mira a ripensare complessivamente la regolamentazione del gioco d’azzardo nell’era digitale.

Spagna: Il modello del divieto totale e i suoi costi

La Spagna ha adottato una linea decisamente più rigorosa. Dal 2021, con l’entrata in vigore del Real Decreto 958/2020, Madrid ha bandito completamente sponsorizzazioni e pubblicità del betting nel mondo sportivo. Le conseguenze economiche sono state immediate e sostanziali: LaLiga stima un danno economico per i club di 90 milioni di euro all’anno. Una cifra considerevole, specialmente per le squadre di media e piccola dimensione che contavano su questi introiti per il proprio equilibrio finanziario.

Il caso spagnolo è emblematico. Da un lato, rappresenta l’approccio più coerente alla protezione dei tifosi vulnerabili; dall’altro, ha creato un vuoto economico che molte società faticano a colmare, specialmente in un contesto di crescente competizione internazionale.

Italia: Il Decreto Dignità e l’isolamento nel panorama europeo

L’Italia mantiene probabilmente la linea più intransigente del continente. Dal 2019, l’articolo 9 del Decreto Dignità vieta “qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta” di giochi con vincita in denaro. Un divieto talmente ampio da impedire non solo le sponsorizzazioni dirette, ma anche qualsiasi forma di partnership commerciale tra club sportivi e operatori del betting.

La situazione italiana presenta ulteriori elementi di incertezza: l’AGCOM ha recentemente rimandato al 30 aprile 2025 l’avvio della consultazione sulle nuove linee guida AGCOM per il settore, prolungando di fatto un limbo interpretativo che dura ormai da anni. Le conseguenze economiche per il calcio italiano sono state significative. Il settore stima 120 milioni di euro di sponsorship perse ogni anno — una cifra confermata pubblicamente anche da Fabio Schiavolin, CEO di Snaitech, uno dei principali operatori italiani del settore.

Il Decreto Dignità ha rappresentato un punto di rottura netto nel rapporto tra sport e betting in Italia. A differenza di altri paesi che hanno cercato soluzioni intermedie, l’Italia ha optato per un approccio radicale che, mentre protegge certamente i consumatori più vulnerabili, crea al contempo uno svantaggio competitivo per i club italiani rispetto ai loro concorrenti europei.

Germania: L’approccio pragmatico e le partnership di sistema

In netta controtendenza rispetto ai mercati mediterranei, la Germania ha adottato un approccio decisamente più liberale. Non solo nessun divieto è all’orizzonte, ma la Bundesliga ha recentemente rafforzato i propri legami con l’industria del betting.

La DFL (Deutsche Fußball Liga) ha appena esteso fino al 2029 l’accordo con Tipico, operatore leader del mercato tedesco. Un contratto valutato 20 milioni di dollari complessivi, che garantisce all’azienda l’esclusiva di settore e una visibilità integrata su tutte le piattaforme digitali della Bundesliga. L’approccio tedesco riflette una filosofia più pragmatica. Anziché vietare, la Germania ha scelto di regolamentare rigorosamente, imponendo standard elevati di trasparenza e responsabilità alle aziende del betting, ma senza rinunciare alle risorse economiche che queste partnership generano.

L’altra faccia della medaglia: tutela dei tifosi e impatto sociale

La questione delle sponsorizzazioni betting non può essere analizzata esclusivamente sotto il profilo economico. Gli studi più recenti evidenziano rischi significativi per i tifosi, specialmente i più giovani e vulnerabili.

L’overdose di messaggi: Il caso studio della Premier League

Un recente e innovativo studio dell’Università di Bristol ha rilevato dati allarmanti: ben 29.145 messaggi di gambling distribuiti tra TV, radio e social media durante un singolo weekend di Premier League — quasi il triplo rispetto all’anno precedente.

Si tratta di una quantità di stimoli pubblicitari senza precedenti. Quando un tifoso è esposto a migliaia di messaggi relativi al betting in poche ore, si crea una normalizzazione del gambling che può alterare significativamente la percezione del rischio, specialmente nei soggetti più giovani.

Il futuro: una partita a tre tra mercato, salute pubblica e politica

Il dibattito sul futuro delle sponsorizzazioni betting nel calcio europeo si gioca su tre distinti tavoli, con interessi spesso contrastanti ma ugualmente legittimi.

In Italia, qualcosa potrebbe presto cambiare. Una recente risoluzione della VII Commissione del Senato ha aperto alla possibilità di riconsiderare l’approccio del Decreto Dignità, cercando un equilibrio tra tutela dei consumatori vulnerabili e sostenibilità economica del sistema calcio.

Si sta delineando un possibile compromesso. L’idea è quella di mantenere forti limitazioni, ma consentire alcune forme di partnership commerciale, imponendo contestualmente agli operatori di betting significativi investimenti in programmi di gioco responsabile e prevenzione della ludopatia.

Verso un quadro europeo armonizzato?

Parallelamente, a Bruxelles avanza la discussione su un possibile quadro normativo comune a livello UE. Secondo fonti del Parlamento Europeo, entro fine 2025 potrebbero essere presentate proposte di linee guida comuni sulla pubblicità di giochi e lotterie.

L’attuale frammentazione normativa crea distorsioni competitive significative. Un approccio armonizzato permetterebbe di garantire standard minimi di tutela in tutti gli Stati membri, senza penalizzare eccessivamente alcuni mercati rispetto ad altri.

La posizione dell’industria: Verso un marketing responsabile

Anche l’industria del betting sta evolvendo il proprio approccio, consapevole che l’attuale modello potrebbe non essere sostenibile nel lungo periodo.

Il futuro è nel marketing responsabile. Le aziende starebbero sviluppando protocolli di comunicazione che escludano messaggi aggressivi, evitino di rivolgersi ai minori e promuovano comportamenti di gioco sicuri. Solo così si potrà garantire la sostenibilità del rapporto tra betting e sport nel lungo periodo.

Modelli a confronto

L’Italia si trova oggi a un bivio regolatorio, con diverse opzioni sul tavolo. Un’analisi comparativa dei principali modelli europei può offrire utili spunti di riflessione.

Il Regno Unito ha scelto la via del compromesso: mantenere la possibilità di sponsorizzazioni betting, ma eliminare gradualmente la presenza dei loghi dal fronte maglia, la posizione più visibile e influente. È un approccio pragmatico. Riconosce l’importanza economica di queste partnership, ma ne limita l’impatto visivo sui tifosi più giovani. Non è una soluzione perfetta, ma cerca un equilibrio tra interessi commerciali e preoccupazioni sociali.

Il modello tedesco: Partnership di sistema e responsabilità condivisa

La Germania ha optato per una strategia differente: anziché limitare le sponsorizzazioni, ha imposto standard elevati di comunicazione responsabile e ha sviluppato partnership sistemiche come quella tra DFL e Tipico.

L’approccio tedesco si basa sulla responsabilizzazione. Anziché vietare, stabilisce regole chiare, impone controlli rigorosi e distribuisce i benefici economici in modo più equo tra i club. È un modello che potrebbe ispirare altri mercati.

Il modello se: Tassazione con finalità sociale

La Francia rappresenta un terzo modello interessante: permette le sponsorizzazioni betting, ma impone una specifica tassazione i cui proventi vengono destinati a programmi di prevenzione e trattamento delle dipendenze da gioco.

È forse l’approccio più equilibrato. Consente al sistema calcio di beneficiare delle risorse del betting, ma garantisce contestualmente che una parte significativa di questi introiti venga reinvestita nella tutela dei soggetti più vulnerabili.

Quale via per l’Italia?

Per l’Italia, la sfida è particolarmente complessa. Dopo anni di divieto totale, un eventuale allentamento delle restrizioni richiederebbe un approccio graduale e ben calibrato.

La soluzione più realistica sarebbe un modello ibrido. Mantenere forti limitazioni sulla comunicazione diretta, specialmente quella rivolta ai minori, ma consentire partnership commerciali con operatori che rispettino standard elevati di gioco responsabile e che investano significativamente in programmi di prevenzione.

La scommessa sul futuro del calcio europeo

Il rapporto tra calcio e betting si trova oggi a un punto di svolta. Da un lato, i flussi economici generati dalle sponsorizzazioni appaiono sempre più essenziali per la sostenibilità finanziaria di molti club. Dall’altro, crescono le evidenze scientifiche sui rischi sociali legati all’eccessiva esposizione dei tifosi ai messaggi promozionali del gambling.

L’Italia, con il suo approccio attualmente restrittivo, ha davanti a sé un’opportunità unica: imparare dall’esperienza degli altri paesi europei per sviluppare un modello regolatorio innovativo, che bilanci in modo efficace considerazioni economiche e responsabilità sociale.